sabato 10 marzo 2012
Finanza oggi
L'Unione Petrolifera segnala nuovi record per il prezzo della benzina legato all'aumento del Brent e spiega che alla base di questo rincaro, vi sono tensioni geopolitiche e anche altri fattori. Nella nota, l'Up precisa che la benzina ieri in Mediterraneo con 0,649 euro/litro han raggiunto il record storico assoluto, cosi' come il Brent che sempre ieri ha sfiorato i 97 euro/barile. "Per la benzina si tratta di un aumento di oltre il 17% rispetto ad un anno fa, pari a circa 10 centesimi euro/litro, a fronte di un prezzo industriale italiano (al netto delle tasse) cresciuto nello stesso periodo di poco meno del 10%, pari a circa 7 centesimi. Sempre rispetto ad un anno fa, un barile di Brent oggi costa circa 14 euro in piu'" si legge nella nota. .
Spread
I BTp sotto 300
Il sollievo, cresciuto durante la giornata pian piano che arrivavano le notizie dalla Grecia, ha interessato un po' tutti i mercati. Le Borse hanno preso il volo, chiudendo con rialzi compresi tra l'1,62% di Milano e il 2,54% di Parigi. L'onda lunga dell'entusiasmo è arrivata fin oltre l'Oceano Atlantico, facendo salire Wall Street dello 0,98% nonostante i pessimi dati americani sui sussidi alla disoccupazione. I titoli di Stato dei Paesi periferici sono stati comprati, da quelli spagnoli a quelli del Belgio. Ma gli acquisti hanno interessato soprattutto quelli italiani: i BTp decennali hanno infatti ridotto i rendimenti di 0,15 punti percentuali, chiudendo con un tasso del 4,81% (minimo da giugno).
Questo ha ridotto lo spread sui Bund (cioè il sovra-rendimento che i BTp italiani pagano rispetto ai titoli tedeschi): in mattinata è sceso fino a 292 punti base e alla fine ha chiuso a 300. Netto, ormai, il vantaggio dell'Italia sulla Spagna: i titoli decennali di Madrid ieri erano costretti a offrire un quarto di punto percentuale in più dei BTp per trovare qualcuno disposto a comprarli. Livello che non si vedeva dallo scorso luglio.
I motivi del sollievo
Il motivo di tanto giubilo generale va cercato in Grecia. Atene, che aveva chiesto ai possessori dei suoi titoli di Stato di rinunciare volontariamente al 74% dei propri investimenti, mira ad ottenere almeno il 90% delle adesioni. Ma già il mercato si accontenta del 75%: percentuale sufficiente per evitare un default «disordinato». Questo non scongiurerebbe completamente l'ipotesi di un'insolvenza, ma eliminerebbe il pericolo di un crack disastroso. Se poi le adesioni fossero superiori (addirittura oltre il 90%), allora anche il rischio di insolvenza «soft» verrebbe scongiurato nell'immediato. Oggi, in mattinata, si scoprirà la percentuale definitiva.
A sostenere i mercati, poi, un altro motivo: dopo che la Bce ha erogato finanziamenti triennali agevolati per mille miliardi di euro alle banche, l'abbondanza di liquidità si sta riversando su titoli di Stato. Questo sta obbligando anche gli investitori non europei a riposizionarsi su titoli come i BTp italiani: nel secondo semestre 2011 dall'estero erano stati scaricati BTp per 70 miliardi di euro. Escludendo gli acquisti delle banche centrali, si può stimare che gli investitori internazionali abbiano venduto circa 130 miliardi di BTp in sei mesi. Ebbene: è possibile che ora molti di quegli investitori, di fronte al rally dei mercati, stiano rientrando in Italia.
Il tunnel resta lungo
Però bisogna restare coi piedi per terra: lo swap greco non risolve certo i problemi d'Europa. Né quelli greci. Atene resta infatti in una situazione precaria: attende il nuovo pacchetto di aiuti, deve realizzare misure di austerità durissime, ha un'economia ormai al collasso. Proprio ieri le statistiche hanno comunicato che il tasso di disoccupazione è arrivato al 21%, contro il 17,3% medio del 2011 e il 12,5% del 2010. Certo, se la ristrutturazione del debito fosse andata in porto, i conti pubblici subirebbero un discreto miglioramento. Ma, secondo tanti economisti, questo potrebbe non essere sufficiente: c'è già chi scommette sulla necessità di un nuovo salvataggio quest'anno o il prossimo.
C'è poi grande timore sul Portogallo (c'è chi crede che prima o poi anche Lisbona possa essere costretta a richiedere aiuti internazionali) e una crescente apprensione verso la Spagna. Madrid, oltre ad avere un tasso di disoccupazione al 23%, ha aumentato oltre le attese il deficit dello Stato: questo fa paura. Insomma: ieri l'entusiasmo ha dominato i mercati. Ma i problemi da risolvere sono ancora tanti.
Il sollievo, cresciuto durante la giornata pian piano che arrivavano le notizie dalla Grecia, ha interessato un po' tutti i mercati. Le Borse hanno preso il volo, chiudendo con rialzi compresi tra l'1,62% di Milano e il 2,54% di Parigi. L'onda lunga dell'entusiasmo è arrivata fin oltre l'Oceano Atlantico, facendo salire Wall Street dello 0,98% nonostante i pessimi dati americani sui sussidi alla disoccupazione. I titoli di Stato dei Paesi periferici sono stati comprati, da quelli spagnoli a quelli del Belgio. Ma gli acquisti hanno interessato soprattutto quelli italiani: i BTp decennali hanno infatti ridotto i rendimenti di 0,15 punti percentuali, chiudendo con un tasso del 4,81% (minimo da giugno).
Questo ha ridotto lo spread sui Bund (cioè il sovra-rendimento che i BTp italiani pagano rispetto ai titoli tedeschi): in mattinata è sceso fino a 292 punti base e alla fine ha chiuso a 300. Netto, ormai, il vantaggio dell'Italia sulla Spagna: i titoli decennali di Madrid ieri erano costretti a offrire un quarto di punto percentuale in più dei BTp per trovare qualcuno disposto a comprarli. Livello che non si vedeva dallo scorso luglio.
I motivi del sollievo
Il motivo di tanto giubilo generale va cercato in Grecia. Atene, che aveva chiesto ai possessori dei suoi titoli di Stato di rinunciare volontariamente al 74% dei propri investimenti, mira ad ottenere almeno il 90% delle adesioni. Ma già il mercato si accontenta del 75%: percentuale sufficiente per evitare un default «disordinato». Questo non scongiurerebbe completamente l'ipotesi di un'insolvenza, ma eliminerebbe il pericolo di un crack disastroso. Se poi le adesioni fossero superiori (addirittura oltre il 90%), allora anche il rischio di insolvenza «soft» verrebbe scongiurato nell'immediato. Oggi, in mattinata, si scoprirà la percentuale definitiva.
A sostenere i mercati, poi, un altro motivo: dopo che la Bce ha erogato finanziamenti triennali agevolati per mille miliardi di euro alle banche, l'abbondanza di liquidità si sta riversando su titoli di Stato. Questo sta obbligando anche gli investitori non europei a riposizionarsi su titoli come i BTp italiani: nel secondo semestre 2011 dall'estero erano stati scaricati BTp per 70 miliardi di euro. Escludendo gli acquisti delle banche centrali, si può stimare che gli investitori internazionali abbiano venduto circa 130 miliardi di BTp in sei mesi. Ebbene: è possibile che ora molti di quegli investitori, di fronte al rally dei mercati, stiano rientrando in Italia.
Il tunnel resta lungo
Però bisogna restare coi piedi per terra: lo swap greco non risolve certo i problemi d'Europa. Né quelli greci. Atene resta infatti in una situazione precaria: attende il nuovo pacchetto di aiuti, deve realizzare misure di austerità durissime, ha un'economia ormai al collasso. Proprio ieri le statistiche hanno comunicato che il tasso di disoccupazione è arrivato al 21%, contro il 17,3% medio del 2011 e il 12,5% del 2010. Certo, se la ristrutturazione del debito fosse andata in porto, i conti pubblici subirebbero un discreto miglioramento. Ma, secondo tanti economisti, questo potrebbe non essere sufficiente: c'è già chi scommette sulla necessità di un nuovo salvataggio quest'anno o il prossimo.
C'è poi grande timore sul Portogallo (c'è chi crede che prima o poi anche Lisbona possa essere costretta a richiedere aiuti internazionali) e una crescente apprensione verso la Spagna. Madrid, oltre ad avere un tasso di disoccupazione al 23%, ha aumentato oltre le attese il deficit dello Stato: questo fa paura. Insomma: ieri l'entusiasmo ha dominato i mercati. Ma i problemi da risolvere sono ancora tanti.
mercoledì 7 marzo 2012
Finanza personale
Il prezzo di una casa appeso su un cartello, o anche quello uscito da un’estenuante trattativa con il proprietario, non rappresenta mai la cifra finale necessaria per entrare in possesso di un immobile. Rappresenta senz’altro la fetta più importante della torta, ma i costi aggiuntivi potrebbero costituire un altro 10% abbondante. Un’agenzia immobiliare, per esempio, non lavora mai gratis. Così come bisogna mettere in conto di tirare fuori altri quattrini per accendere un mutuo e per pagare il notaio. E poi ci sono le tasse e l’arredamento. E magari pure una ristrutturazione dell’appartamento o il trasloco dalla vecchia abitazione alla nuova. Insomma, fare il classico “conto della serva” in casi del genere è quanto mai opportuno.
Per farsi un’idea, i siti internet specializzati possono essere molto utili. Ad esempio CasaDaPrivato.it prova a elencare tutte le voci più ricorrenti.L’ipotesi è quella di un acquisto prima casa del prezzo di 200 mila euro (valore catastale 60 mila euro) attraverso un’agenzia. Nell’esempio preso in esame viene acceso un mutuo di 140 mila euro, si ricorre a un notaio del collegio di Milano e a una banca dotata di sportelli su strada. L’atto, infine, è soggetto a imposta di registro, visto che il venditore è una persona fisica.
Una parte significativa dei costi aggiuntivi è riconducibile all’agenzia. Ipotizzando una provvigione del 3%, una cifra in linea con le richieste di mercato, si arriva a ben 6.000 euro. E aggiungendoci l’Iva del 21% bisogna mettere sul piatto altri 1.260 euro. In questo caso, dunque, il nostro acquirente dovrà sborsare ben 7.260 euro solo per saldare il debito con l’agenzia. E non siamo che all’inizio.
Se poi, come detto, si prevede di accendere un mutuo, si sarà costretti a fare i conti con una miriade di voci di spesa. L’importo della rata e le condizioni, naturalmente, possono variare parecchio in base all’istituto di credito e alle opzioni indicate: tasso fisso o variabile, durata del finanziamento, rata costante eccetera (verificalo su MutuiOnline). Ma da alcune spese non si scappa.
Si pensi all’imposta sostitutiva dello 0,25% sull’importo del mutuo (nell’esempio considerato, quindi, si parla di 350 euro), agli oneri bancari che si aggireranno poco sotto i 500 euro. E ancora: la perizia per valutare l’immobile (ipotizziamo 300 euro), l’onorario del notaio (poco più di 2.600 euro), le spese accessorie e l’assicurazione scoppio incendio, obbligatoria per legge. Il totale, a conti fatti, potrà sforare il tetto degli 8 mila euro.
E poi ci sono le spese di compravendita. Un altro piccolo salasso. Altri 1.800 euro per l’imposta di registro del 3% sul valore catastale, 168 euro di imposta ipotecaria, altrettanti per quella catastale. E ancora, l’onorario del notaio (oltre 1.500 euro) e le spese accessorie quali la tassa d’archivio, visure, certificati, bolli, cassa nazionale del notariato, nota di trascrizione e voltura. Altri 500 euro.
A conti fatti, siamo già vicini al 10% del totale della spesa di acquisto. E poi potrebbe esserci bisogno di ristrutturare l’immobile. In questo caso, naturalmente, è impossibile stimare un importo. In ogni caso, va detto almeno che è sempre bene realizzare interventi importanti sull’edificio quando la casa non è ancora ammobiliata.
Infine, ci potrebbero essere i costi del mobilio. Nel caso in cui si avesse già tutto il necessario nella precedenza abitazione, invece, si potrebbe ricorrere a una società di traslochi. In quest’ultimo caso, il prezzo cambierà molto, tra l’altro, in base alla quantità delle cose da trasportare, al tempo necessario, al numero di persone che la società dovrà impiegare.
Per farsi un’idea, i siti internet specializzati possono essere molto utili. Ad esempio CasaDaPrivato.it prova a elencare tutte le voci più ricorrenti.L’ipotesi è quella di un acquisto prima casa del prezzo di 200 mila euro (valore catastale 60 mila euro) attraverso un’agenzia. Nell’esempio preso in esame viene acceso un mutuo di 140 mila euro, si ricorre a un notaio del collegio di Milano e a una banca dotata di sportelli su strada. L’atto, infine, è soggetto a imposta di registro, visto che il venditore è una persona fisica.
Una parte significativa dei costi aggiuntivi è riconducibile all’agenzia. Ipotizzando una provvigione del 3%, una cifra in linea con le richieste di mercato, si arriva a ben 6.000 euro. E aggiungendoci l’Iva del 21% bisogna mettere sul piatto altri 1.260 euro. In questo caso, dunque, il nostro acquirente dovrà sborsare ben 7.260 euro solo per saldare il debito con l’agenzia. E non siamo che all’inizio.
Se poi, come detto, si prevede di accendere un mutuo, si sarà costretti a fare i conti con una miriade di voci di spesa. L’importo della rata e le condizioni, naturalmente, possono variare parecchio in base all’istituto di credito e alle opzioni indicate: tasso fisso o variabile, durata del finanziamento, rata costante eccetera (verificalo su MutuiOnline). Ma da alcune spese non si scappa.
Si pensi all’imposta sostitutiva dello 0,25% sull’importo del mutuo (nell’esempio considerato, quindi, si parla di 350 euro), agli oneri bancari che si aggireranno poco sotto i 500 euro. E ancora: la perizia per valutare l’immobile (ipotizziamo 300 euro), l’onorario del notaio (poco più di 2.600 euro), le spese accessorie e l’assicurazione scoppio incendio, obbligatoria per legge. Il totale, a conti fatti, potrà sforare il tetto degli 8 mila euro.
E poi ci sono le spese di compravendita. Un altro piccolo salasso. Altri 1.800 euro per l’imposta di registro del 3% sul valore catastale, 168 euro di imposta ipotecaria, altrettanti per quella catastale. E ancora, l’onorario del notaio (oltre 1.500 euro) e le spese accessorie quali la tassa d’archivio, visure, certificati, bolli, cassa nazionale del notariato, nota di trascrizione e voltura. Altri 500 euro.
A conti fatti, siamo già vicini al 10% del totale della spesa di acquisto. E poi potrebbe esserci bisogno di ristrutturare l’immobile. In questo caso, naturalmente, è impossibile stimare un importo. In ogni caso, va detto almeno che è sempre bene realizzare interventi importanti sull’edificio quando la casa non è ancora ammobiliata.
Infine, ci potrebbero essere i costi del mobilio. Nel caso in cui si avesse già tutto il necessario nella precedenza abitazione, invece, si potrebbe ricorrere a una società di traslochi. In quest’ultimo caso, il prezzo cambierà molto, tra l’altro, in base alla quantità delle cose da trasportare, al tempo necessario, al numero di persone che la società dovrà impiegare.
Finanza, Borsa, Azioni, Economia, Valute
Per le novità attese domani sul fronte macro Usa, non si segnalano eventi di particolare rilievo e in agenda troviamo solo l’indice Redbook relativo alle vendite al dettaglio nelle maggiori catene Usa, con riferimento alla prima settimana di marzo. In calendario troviamo anche un discorso di Richard Fisher, presidente della Fed di Dallas. In Europa sarà diffusa la seconda lettura del PIL del quarto trimestre del 2011, che dovrebbe mostrare un calo dello 0,3%, in linea con l’indicazione preliminare ma in calo rispetto al rialzo dello 0,1% dei tre mesi precedenti. A Piazza Affari sarà da seguire Ansaldo STS (Milano: STS.MI - notizie) che ha diffuso a mercati chiusi i risultati dell’esercizio 2011, archiviato con un utile netto in calo del 23% a 73 milioni di euro, a fronte di ricavi in ribasso del 5,6% a 1,212 miliardi di euro. Sempre domani saranno diffusi i risultati dell’esercizio 2011 di Enel Green Power (Xetra: A1C5AT - notizie) e alla prova dei conti saranno chiamati anche Credito Artigiano (Milano: CRA.MI - notizie) , De Longhi (Milano: DLG.MI - notizie) , Delclima e Txt (Taiwan OTC: 4969.TWO - notizie) -e-solutions.
Finanza, Borsa, Azioni, Economia, Valute
Giornata nel segno del rimbalzo per le Borse europee che dopo l’affondo della vigilia sono riuscite a dare vita ad un parziale recupero. Il Ftse100 si è accontentato di un progresso dello 0,44%, mentre il Dax30 e il Cac40 (Parigi: ^FCHI - notizie) si sono apprezzati rispettivamente dello 0,57% e dello 0,89%. A lauerarsi reginetta d’Europa è stata Piazza Affari che ha visto il Ftse Mib (Milano: FTSEMIB.MI - notizie) terminare gli scambi a 16.398 punti, con un vantaggio dell‘1,11%, dopo aver toccato un massimo a 16.434 e un minimo a 16.168 punti. L’indice è sceso sui minimi intraday del 28 febbraio scorso da cui ha dato vita ad un rimbalzo che non è riuscito ad andare oltre per ora l’area dei 16.400. La reazione vista ieri dai minimi non è ancora sufficiente per scongiurare del tutto il rischio di nuove vendite e perchè ciò accada sarà necessario che siano riconquistati prima alcuni livelli chiave. Ci riferiamo in primis all’area dei 16.500, oltre la quale l’attenzione si sposterà sui massimi di ieri in area 16.700. Con il superamento di questa soglia di prezzo la salita potrà proseguire verso i 16.850, prima di pensare ad un ritorno sull’importante ostacolo dei 17.000 punti da cui l’indice è stato violentemente respinto nelle prime due sedute della settimana. Fino a quando le quotazioni si manterranno al di sotto dei 16.500 punti, sarà reale il rischio di nuove incursioni ribassiste. Queste ultime si concretizzeranno con discese al di sotto dei 16.300 punti, con primo obiettivo i minimi odierni in area 16.150. La perdita di questo livello proietterà i corsi verso il sostegno successivo dei 16.000 punti, la cui tenuta non è così scontata, motivo per cui non saranno da escludere estensioni ribassiste fin verso i 15.850 e i 15.700, con obiettivo i 15.500 nella peggiore delle ipotesi.
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